Table of Contents
ToggleIl concetto di iatrogenesi in finanza
Un concetto molto potente che amo applicare in ambito finanziario viene dalla medicina. In ambito medico è stato sviluppato il concetto di iatrogenesi: quando l’intervento medico per curare una patologia comporta una serie di danni maggiori rispetto ai benefici. Pensiamo ad un intervento chirurgico rischioso dal quale il paziente non si risveglia più. Oppure pensiamo agli effetti collaterali dei farmaci che possono avere conseguenze ben peggiori della patologia che si tenta di curare originariamente.
Questo ovviamente non è un attacco ai medici, che svolgono un ruolo cruciale, ma è un modo per sviluppare alcuni spunti di riflessione molto interessanti.
Interventismo ingenuo: il controllo illusorio
Potremmo chiamare la iatrogenesi anche con un altro nome: interventismo ingenuo. La mente umana è di frequente ossessionata dal controllo. Siamo spesso convinti che grazie al nostro intervento riusciamo a determinare in positivo uno specifico esito.
La pratica del ribilanciamento frequente
Una delle pratiche che maggiormente vengono utilizzate nel mondo della consulenza finanziaria bancaria è quella di ribilanciare con alta frequenza (anche mensilmente) gli strumenti finanziari all’interno del portafoglio. Questa logica si basa su due aspetti in genere: “portiamo a casa i rendimenti positivi ottenuti” e “riqualifichiamo” il portafoglio. Partendo dal presupposto che sono espressioni stupide e vuote, sono effettivamente le parole che potresti sentire se hai ricevuto consulenza da qualche impiegato di banca. Devo dire che sono espressioni però che hanno una certa presa sulle persone: portare a casa i rendimenti, cioè i soldi, è sicuro faccia tutti noi felici. Riqualificare un portafoglio ci fa sentire più tranquilli: una sorta di manutenzione ordinaria, come la caldaia, per permettere di vivere più a lungo.
Gli effetti negativi del ribilanciamento frequente
Nonostante l’effetto rassicurante e convincente che può scaturire in noi, con i propri investimenti un approccio di questo tipo è sicuramente la chiave per perdere soldi sui mercati. Quando analizziamo un portafoglio, la nostra attenzione maggiore deve essere rivolta prima di tutto a quegli strumenti che sono maggiormente in perdita. Recuperare una perdita è molto più difficile che ottenere un rendimento. Se ho uno strumento che sta perdendo il 50%, per tornare in pareggio, dovrò sperare che questo strumento salga del 100% (cioè raddoppi). La cosa più saggia da fare dunque è prima di tutto togliere le mele marce rispetto a quelle buone. Aggiungiamo anche che eliminare gli strumenti in positivo ci fa perdere quella che Einstein definiva l’ottava meraviglia del mondo: l’interesse composto. Se non lasciamo lavorare adeguatamente gli strumenti in positivo diventa sempre più difficile guadagnare sui mercati. Se ho uno strumento in guadagno del 50% e nel 2024 mi segna un ulteriore rendimento positivo del 10%, non sarò in guadagno del 60% ma bensì del 65%.
Aggiungiamo anche che vendendo un fondo in guadagno ci dobbiamo pagare le tasse su quel guadagno (il 26%). Diminuiamo quindi l’importo che andiamo a reinvestire su altri strumenti. Quello che si deve fare per gestire correttamente un portafoglio quindi è occuparsi prima di tutto di chi sta provocando una perdita e lasciare lavorare in santa pace chi sta portando un profitto: probabilmente l’esatto opposto di quello che ci avranno detto allo sportello.
Le commissioni bancarie e il ribilanciamento frequente
Oltre il far presa sulle persone, la pratica in questione permette all’istituto bancario di generare laute commissioni: quando vendo un fondo e ne colloco un altro genero con molta probabilità nuove commissioni di ingresso per l’accesso al nuovo fondo. Possiamo tranquillamente dire che se il ribilanciamento di un portafoglio ha una frequenza superiore alle 2 volte l’anno, generalmente l’interesse che si sta facendo non è per il cliente ma per chi vende lo strumento al cliente. Facciamo un piccolo esempio che ci fa notare come ribilanciare un portafoglio mensilmente uccida i rendimenti in maniera decisamente superiore rispetto ad un solo ribilanciamento annuale.
Questo è il portafoglio in esame:
Prendiamo un portafoglio molto base, un classico 60/40: 60% azioni internazionali e 40% obbligazioni governative dei paesi sviluppati.
Mettendo da parte il concetto di tolleranza al 15, 10 o 5% (ossia con quale scostamento rispetto alla composizione iniziale andiamo a ribilanciare il portafoglio, rispettivamente il 15, 10 o 5%) notiamo subito una cosa molto interessante: al diminuire dei ribilanciamenti aumenta il rendimento o viceversa, all’aumentare del numero di ribilanciamenti diminuisce il rendimento. È un chiaro esempio di interventismo ingenuo o iatrogenesi: illudendoci di avere il controllo e beneficiare di rendimenti migliori andando a fare manutenzione tra gli strumenti del portafoglio non faccio nient’altro che avere l’effetto opposto, il rendimento infatti diminuisce.
Ora è ovvio che ribilanciare è importante ma sta tutto nella frequenza con la quale lo facciamo: mensilmente o trimestralmente ci fa perdere soldi nella stragrande maggioranza dei casi. Questo perché non permette di far lavorare l’interesse composto, ossia gli interessi sugli interessi.
In conclusione, possiamo dire come vendere gli strumenti in guadagno di un portafoglio per portare a casa i rendimenti unita a frequenti ribilanciamenti o riqualificazioni di portafoglio comporta più danni che benefici, come l’assunzione di un farmaco i cui effetti collaterali sono peggiori della patologia inizialmente riscontrata. Purtroppo, questo interventismo ingenuo sui portafogli dei risparmiatori italiani è frequente, in tutte quelle realtà dove la consulenza è unicamente un mezzo per aumentare i margini di guadagno della banca. Quello che ciascuno può fare per evitare questi errori è di richiedere la consulenza attraverso i canali della consulenza indipendente: pagando direttamente una parcella al consulente eliminiamo qualsiasi necessità di dover muovere continuamente i prodotti finanziari del portafoglio che riducono i rendimenti, non fanno lavorare l’interesse e aumentano i costi totali per la gestione degli investimenti.